La NBA “legalizza” l’uso di cannabis per i giocatori

In quello che può essere descritto solo come un gigantesco passo avanti per i riformatori della cannabis, la National Basketball Association ha recentemente annunciato che non sottoporrà più i giocatori a test per l’uso di cannabis. I test continueranno a verificare la presenza di droghe pericolose come la cocaina o di sostanze che migliorano le prestazioni come gli steroidi, ma i giocatori non rischieranno più sospensioni o sanzioni da parte della lega per l’uso di cannabis

Questo arriva sulla scia di una serie di sviluppi significativi sul fronte della legalizzazione, non ultimo il fatto che la cannabis a scopo ricreativo è diventata legale in molte città in cui la NBA ha franchigie. Questa politica disomogenea di legalizzazione su base individuale da parte degli Stati ha creato una situazione di confusione per molti giocatori, perché in teoria avrebbero potuto essere sospesi per aver assunto una sostanza legale mentre si trovavano nella città del loro club o in trasferta.

Barnes è diventato una delle voci principali degli atleti professionisti che chiedono la fine delle sanzioni per il consumo di cannabis quando sono giocatori attivi.

Un altro problema con il regime di cannabis della NBA era legato alla salute. Prima che la cannabis fosse legalizzata per scopi medici, il suo uso era illegale nella NBA per scopi terapeutici. Questo ha fatto sì che a molti giocatori venissero prescritti farmaci antinfiammatori per curare gli infortuni. Oggi è noto che questi farmaci antinfiammatori, usati nelle dosi massicce che venivano prescritte ai giocatori NBA, possono portare a gravi complicazioni per la salute. 

Forse l’esempio più famoso di queste complicazioni è Alonzo Mourning, membro della Hall of Famer dell’NBA, che ha dovuto subire l’asportazione del fegato; una condizione che molti sospettano essere il risultato dell’uso eccessivo dei farmaci antinfiammatori standard somministrati ai giocatori NBA per anni durante la sua carriera negli anni ’90 e nei primi anni 2000. È molto probabile che se la cannabis fosse stata legale, Alonzo non avrebbe mai contratto la malattia al fegato che ha minacciato e accorciato la sua carriera.

Questo nuovo sviluppo saluta un cambiamento “ufficiale” della politica NBA. Ufficiosamente, l’NBA ha smesso di testare i giocatori per la cannabis durante la crisi di Covid, quando i playoff si sono svolti nella “bolla” di Orlando. All’epoca, il commissario della NBA Adam Silver disse che la lega “non aveva bisogno di agire come un grande fratello”. Considerando che le prestazioni dei giocatori NBA non sono affatto diminuite da allora, aveva ragione. 

Ora è ufficiale. Quando verrà raggiunto il nuovo accordo collettivo di contrattazione tra l’NBA e il sindacato dei giocatori NBA, lo screening della cannabis non ne farà parte. Si spera che questo sia un altro passo avanti per cambiare la percezione dei consumatori di cannabis come “fannulloni”. Anche se, cosa un po’ triste, eliminerà alcuni dei soprannomi più “coloriti” delle squadre, come quello dato ai Portland Trailblazers, che negli anni ’90 erano conosciuti come i “jail blazers” perché avevano molti giocatori che consumavano cannabis.

G13 è un club privato di consumatori di cannabis con sede a Barcellona e una piattaforma multidisciplinare che sviluppa e produce diverse attività legate principalmente alla cultura urbana, alla musica e all’arte.

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